Dopo un breve saluto di Helga Konrad, Direttore dell’Istituto Austriaco per gli Affari Internazionali, che presiedeva la Tavola Rotonda Regionale, ha aperto il convegno l’On.Rosa Villecco Callipari, Vice Presidente del Gruppo Parlamentare del Partito Democratico, che ha aperto una riflessione sull’importanza della legge Turco-Napolitano del ’98, considerata la tappa principale della storia dell’Italia sul tema dell’immigrazione. Tuttavia col passare del tempo le potenzialità di tale legge sono state indebolite da una serie di circostanze, quali ad esempio l’introduzione di nuove leggi e norme, il taglio delle risorse finanziarie degli enti anti-tratta, e soprattutto l’avanzare di una logica securitaria che attribuisce alle Forze dell’Ordine una funzione quasi unicamente repressiva, e che non costituisce l’approccio corretto al problema.
La parola è poi passata all’On.Livia Turco, la quale ha sottolineato quanto la strada della prevenzione alla tratta di esseri umani sia un progetto ambizioso, e quanti passi in avanti, nonostante questo, siano stati compiuti, proprio grazie alla cooperazione tra i Paesi. Riallacciandosi al discorso iniziato dall’On.Callipari, ha ricordato quale è stato il suo personale percorso di conoscenza del problema, e di come il tema della schiavitù delle persone era ed è un fenomeno del tutto nuovo, un evento inedito ed impensabile nelle reali dimensioni e nei dettagli con cui associazioni e persone glielo raccontarono. La soluzione che si sentirono di dover offrire alle vittime del fenomeno fu quella di dargli coraggio e farli sperare in una via d’uscita attraverso un permesso di soggiorno e un percorso di protezione sociale. L’On.Turco ha poi ricordato un altro evento: quando l’allora Ministro degli Interni Rosa Russo Jervolino incontrò in modo informale il Governo albanese e lo informò di cosa accadesse agli immigrati albanesi in Italia, il Governo albanese era incredulo, perché non conosceva i rischi di sfruttamento a cui andavano incontro donne e minori. Dopo la presa di coscienza del problema da parte del Governo albanese, l’Italia ha potuto aiutare l’Albania a scrivere leggi sulla prevenzione dello sfruttamento e sulla tutela dei diritti dei minori, basandosi sulla cooperazione e sulla reciproca fiducia.
È poi intervenuto Michele Palma, Direttore Generale Dipartimento delle Pari Opportunità, che dal 2000 segue il problema. Ha sottolineato le carte vincenti del rapporto tra Italia e Nigeria sul tema della tratta: privilegiare la tutela dei diritti umani, creare un tavolo condiviso e non imporre una soluzione dirigistica, non adottare un metodo di lavoro autoreferenziale ma intavolare un dialogo coi privati, avere un sistema aperto che permetta di stabilire una profonda sinergia politica con i paesi disagiati, dare un aiuto che non sia semplice carità ma che abbia come obiettivo quello di rendere indipendente la Nigeria. Ha inoltre posto l’accento su due importanti novità dell’attività italiana: il completamento del Piano Internazionale Anti-Tratta, e la riattivazione dell’Osservatorio Nazionale della Tratta.
È seguito l’intervento di Maria Grazia Giammarinaro, Rappresentante speciale e Coordinatore per la lotta alla tratta degli esseri umani dell'OSCE, che ha parlato dell’“International Mechanism” e di come l’esistenza di provvedimenti nel Protocollo ONU e nella direttiva europea non bastino. I procedimenti penali nel mondo sono troppo pochi, in confronto alla portata del fenomeno che è, tra l’altro, in crescita: il traffico per lo sfruttamento lavorativo, infatti, è arrivato ad essere addirittura una componente strutturale del sistema del mercato del lavoro, in molti ambiti lavorativi (basti pensare all’episodio di Rosarno, o al super-sfruttamento del lavoro domestico). Si sente dunque il bosgno di un intervento più importante, e di una considerazione del problema sia dal punto di vista sociale che da quello criminale.
Il successivo intervento di Francesco Carchedi del Parsec Consortium è stato incentrato sulle lezioni apprese dall’esperienza di intervento sociale in Nigeria. Ci sono tre punti da seguire per condurre un buon operato: la prevenzione, attuabile solo attraverso una conoscenza che derivi da una ricerca accurata di vari fattori che compongono il fenomeno, porsi il problema del reinserimento della vittima che torna nel proprio Paese, e fare tesoro dell’esperienza diretta fatta in Nigeria. Riguardo quest’ultima Carchedi ha parlato di come è stato possibile organizzare la gestione del denaro, indirizzandolo in una giusta direzione senza sprechi: attraverso un bando sono state scelte cinque agenzie in base al criterio della garanzia di trasparenza della gestione del denaro tra donatore e struttura. E ha spiegato come è stato possibile valorizzare le risorse finanziarie anche qui senza dispersione di costi ed energie: è stato chiesto direttamente agli anziani dei villaggi cosa bisognasse fare per migliorare la qualità della vita, e si è investito in scuole, pozzi per l’acqua, e i mercati frequentati dalle donne.
A questo punto è intervenuta Bianca Pomeranzi, Ministero Affari Esteri ed esperta delle politiche di genere della cooperazione, che ha posto l’attenzione su alcuni concetti fondamentali: il multi-level sistem of government caratterizzato da un’assenza di eccessiva burocratizzazione, la valorizzazione dei soggetti singoli e non soltanto delle istituzioni, la necessaria armonizzazione delle politiche di tutti i Paesi che cooperano per un piano d’azione internazionale, la valorizzazione dell’esperienza attraverso cui trovare metodologie innovative.
Di seguito Martin Ocaga, Capo missione in Nigeria dell’OIM da due anni, ha fornito numerosi dati per un’analisi attenta del fenomeno in Nigeria: 140 milioni prima, 176 milioni adesso gli abitanti della Nigeria, 36 gli stati di cui è composta, 4 gli stati in cui è stato dichiarato lo stato di emergenza di primo livello per la presenza delle milizie, le incursioni e gli attentati a chiese e moschee (per cui la lotta alla tratta qui passa inevitabilmente in secondo piano), 120 le condanne di trafficanti con il cui denaro si sono alimentati i fondi per la lotta, 9 i programmi anti-tratta in Nigeria dal 2001 al 2011, 500 mila le persone che giovano anche indirettamente dei progetti sul territorio, OIM, Unicef, Donne ONU le organizzazioni che collaborano per migliorare le condizioni di vita in Nigeria. Dati che in definitiva descrivono la situazione complessa di questo Paese, che ottiene molti risultati positivi, pur avendo una realtà difficile.
Ultimo intervento è stato quello di Enzo Nocifora, Vice Direttore del Dipartimento di Scienze Sociali de La Sapienza di Roma, il quale ha spiegato l’attività di ricerca svolta dall’Università di Roma e quelle di Benin City e Lagos. Primo obiettivo della cooperazione tra le Università è quello di formare gli assistenti sociali, i programmatori e i progettisti dei servizi sociali che poi dovranno intervenire sul territorio. Altro compito è stato quello di dare risposte al NAPTIP che voleva conoscere la realtà della Nigeria (caratterizzata da un Governo nazionale, un Governo federale e un Governo locale o etnico) e di fare una mappatura delle zone endemiche del fenomeno, da cui è emersa la centralità di Benin City. Infine sono state date dieci borse di studio agli studenti di Benin e Lagos, è stata istituita la Winter School in cui avviene un’interazione tra sei studenti di Roma e dieci studenti nigeriani, e si promuovono ricerche sociali.
Eleonora Cicconi
09 febbraio 2012