Ho conosciuto Nilde per la prima volta non a Reggio Emilia, la nostra città, ma a Roma, dove sono stata inviata, ancora giovanissima, (avevo poco più di vent’anni) a seguire il lavoro delle ragazze alla FGCI Nazionale. Ho avuto così la fortuna, tra il 1961 e il 1962, di essere invitata alle riunioni della Sezione Femminile nazionale del PCI, della quale lei aveva da poco assunto la direzione.
Ripensando a Nilde Iotti, in questo centenario dalla sua nascita, con la distanza dagli eventi che lo scorrere del tempo rende possibile, mi rendo conto che lei è sempre stata presente nella mia vita, in tutti i passaggi più rilevanti ed anche in quelli minori, influenzandola e segnandola profondamente.
Ho conosciuto Nilde per la prima volta non a Reggio Emilia, la nostra città, ma a Roma, dove sono stata inviata, ancora giovanissima, (avevo poco più di vent’anni) a seguire il lavoro delle ragazze alla FGCI Nazionale. Ho avuto così la fortuna, tra il 1961 e il 1962, di essere invitata alle riunioni della Sezione Femminile nazionale del PCI, della quale lei aveva da poco assunto la direzione.
Nilde, assieme a quel piccolo gruppo di donne coraggiose e determinate, tra le quali Marisa Rodano, Giglia Tedesco, Anita Pasquali, stava in quel periodo avviando una radicale innovazione della politica del PCI rivolta alle donne, non più considerandola cassa di risonanza subordinata alla politica generale del partito, ma proponendo gli obiettivi specifici dell’emancipazione femminile e l’autonomia del loro movimento come parte integrante del suo progetto di rinnovamento della società. Quelle prime discussioni sono state per me, ancora acerba e impreparata, una vera e propria scuola e anche motivo di riflessione e ripensamento.
La FGCI, infatti, a quel tempo, tendeva a negare la specificità e l’autonomia di quella che allora veniva definita “questione femminile”, riconducendo in sostanza la sua soluzione alle lotte più generali della classe operaia e alla conquista di una società socialista. Allora si discuteva molto delle cosiddette “riforme di struttura” e noi, schematicamente, ritenevamo che esse e la successiva trasformazione in senso socialista della società avrebbero automaticamente emancipato le donne e risolto anche quella “questione,” sottovalutandone l’autonoma e specifica valenza riformatrice.
Nilde contestava esplicitamente quella impostazione e così fece anche nelle conclusioni ad un Convegno nazionale di giovani lavoratrici del settore abbigliamento che organizzammo a Prato come FGCI nazionale. Nilde era estranea a certo giovanilismo e paternalismo, alla condiscendenza verso i giovani anche se sbagliavano. Ha sempre difeso e sostenuto con rigore le posizioni che riteneva giuste e in quella circostanza ci ha sollecitato a liberarci dalle lenti deformanti dell’ideologia e delle astrazioni. Non ha mai rifiutato, tuttavia, di ascoltare e di confrontarsi con i giovani, nei tanti incontri che ebbe, anche come Presidente della Camera, con gli studenti, con i genitori e gli insegnanti delle scuole dell’infanzia, con le giovani lavoratrici delle fabbriche.
Quanto a me, le esperienze e la vita mi hanno poi fatto crescere: sono diventata madre, ho sperimentato il doppio ruolo di madre e di lavoratrice, ho lavorato all’Unione Donne Italiane nel suo periodo più fecondo, e, riflettendo e maturando come donna, mi sono impegnata in modo attivo e concreto sui temi che Nilde stava proponendo nel paese.
Grazie infatti alle battaglie politiche da lei condotte nel partito e nelle istituzioni, tra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso, il movimento delle donne, con travaglio e fatica, ma con una progressiva presa di coscienza del valore della propria autonomia , si è affermato sulla scena pubblica come soggetto politico, dandosi un progetto, una elaborazione, un programma, obiettivi concreti, forme e modalità di azione, organizzando lotte e vertenze sociali e politiche, puntando ad unire le donne al di là della loro condizione sociale e delle loro appartenenze politiche e culturali.
Così sono state conquistate leggi che hanno cambiato la nostra vita e l’Italia: il divorzio, il nuovo diritto di famiglia, i servizi sociali, i consultori familiari.
Nilde è stata propulsiva e protagonista di questo processo, forte della sua personale forza politica e sostenuta, nel contempo, dal contributo della “rete femminile” che lei stessa aveva voluto, costruito con pazienza e guidato. In particolare considero un suo grande merito avere voluto accanto a sè nel lavoro di direzione, a Roma e nei territori, dirigenti capaci, libere e autonome, teste pensanti. Quando è stato necessario, ha difeso anche quelle che non sempre la pensavano come lei.
Nelle istituzioni ha operato una sapiente e paziente tessitura di alleanze trasversali con le donne degli altri partiti, ascoltando, rispettando e confrontandosi coi diversi punti di vista e le diverse culture, cercando sempre di unire forze diverse e puntando a risultati concreti.
Quante emozioni nell’ascoltarla e applaudirla quel 20 giugno del 1979, ne! suo discorso di insediamento, prima donna Presidente della Camera dei deputati! Gioia per il riconoscimento che veniva tributato a lei e al suo valore, orgoglio per aver condiviso con lei il cammino di emancipazione e riscatto delle donne italiane, che raggiungeva un risultato così “emblematico” e, certo, anche il piacere di potere finalmente vedere, sullo scranno più alto di quell’aula, non la triste grisaglia degli abiti maschili, ma i colori di un bel vestito femminile portato da lei con sobrietà e naturale eleganza.
Quando, qualche anno prima, nel 1976, sono stata eletta alla Camera dei deputati, Nilde, da poco Presidente della Commissione Affari costituzionali, ha voluto accogliermi nella grande città e nel Palazzo invitandomi a cena in una pizzeria vicino a Montecitorio. Voleva, scegliendo quel modo semplice e informale, farmi sentire a mio agio, farmi conoscere i suoi due amatissimi nipoti, imparare qualcosa di più su di me, mettersi a disposizione qualora avessi necessità.
Non ricordo abbia mai rifiutato di accogliere una mia richiesta. Un solo ricordo, tra i tanti: nel 1988, in un teatro strapieno, ha risposto per una mattina intera alle domande degli studenti delle scuole superiori reggiane sul tema della Costituzione e delle riforme istituzionali in un incontro che organizzammo come Assessorato alla scuola del Comune di Reggio Emilia.
Quando tornava nella sua città per iniziative, chiedeva sempre di ritagliare, tra i tanti impegni, due ore per una passeggiata in Via Emilia, per la sosta in un negozio, per la cena a casa di una comune amica e in quelle occasioni private si parlava di tutto ed mergeva allora una Nilde semplice e diretta, donna tra donne.
Nilde Iotti è stata una grande Presidente, innovatrice e riformatrice, lungimirante anche in quel ruolo. Ha svecchiato i riti dell’antico Palazzo, riformato i Regolamenti interni, ha fatto del Parlamento non un fortilizio, ma un luogo aperto ai cittadini, ha difeso i diritti delle minoranze ma ha anche sostenuto il diritto della maggioranza a governare con scelte difficili e non sempre comprese, si è battuta con tenacia per riforme istituzionali che riteneva necessarie per il paese.
Aveva un altissimo concetto del ruolo delle istituzioni e non tollerava comportamenti e stili che le svilivano. Non sopportava, ad esempio, il modo sciatto e volutamente dissacrante con cui all’epoca le radicali (e anche qualcuna del nostro gruppo) si vestivano anche nel Palazzo: le gonne alla zingara, gli zoccoli di moda all’epoca; disapprovava il linguaggio insultante e volgare di certi interventi. Chiedeva rispetto per il luogo e la funzione, un comportamento, un abbigliamento, un linguaggio consono.
Non era facile gestire quell’aula e non era un periodo storico “normale” quello in cui Nilde Iotti è stata Presidente. Quante volte, aprendo le sedute, ha dovuto commemorare le vittime del terrorismo delle BR o delle stragi di matrice fascista! Nei tanti passaggi difficili, conduceva l’aula con equilibrio e fermezza, senza farsi condizionare da pressioni, ricatti e, a volte, anche insulti ed offese personali.
Ho pensato spesso a Nilde sola in quel Palazzo, alle difficili scelte che ha sempre compiuto in totale autonomia, alla forza d’animo cui ha dovuto attingere per reggere a prove durissime in anni drammatici in cui la democrazia e le istituzioni erano a rischio.
Ripenso anche alla sua sofferenza nelle dolorose circostanze che l’hanno così duramente colpita: l’attentato e la improvvisa morte di Togliatti, le incomprensioni e le ostilità che, anche nel suo partito e nella sua città ( ma difesa dalle donne) ha incontrato per le sue scelte, difendendo e sostenendo sempre con coerenza e dignità il suo diritto agli affetti e le sue convinzioni .
Per tutte queste ragioni, oggi, a distanza di tempo, sento Nilde umanamente più vicina, oltre ad essere più consapevole della sua forza politica. Naturalmente autorevole, coraggiosa, innovatrice, libera, determinata, sempre se stessa: questa era e resta per me Nilde Iotti, per questo autenticamente moderna e capace di parlare alle donne e alle giovani di oggi.
Eletta Bertani
22 maggio 2020