Oggi, sull’orlo di una recessione gravissima, sappiamo che quelle disuguaglianze sono destinate ad aumentare. Sarà colpito in modo violento chi svolge lavori precari e percepisce salari più bassi; in entrambi i casi la maggioranza di loro sono donne lavoratrici. Cosa significa, in concreto, la perdita del lavoro per milioni di donne in tutta Europa?
Già prima che scoppiasse la pandemia del Covid 19, il costo della disoccupazione femminile, del lavoro precario e poco qualificato delle donne, del divario salariale e l’insufficienza di adeguati servizi educativi, era stimato intorno ad una perdita per il Pil europeo superiore ai 540 miliardi nel 2030, pari a 1-2% del Pil pro capite. Perdita di Pil che arriva a 2.840 miliardi di euro nel 2050. A questa cifra si aggiunge la sottrazione di circa un miliardo l’anno dovuta al mancato accesso all’istruzione e al lavoro delle persone con disabilità, la cui cura ricade sul lavoro non riconosciuto delle donne.
Si tratta di risorse sprecate anno dopo anno in una situazione di ordinaria disuguaglianza. Anni in cui l’investimento nelle infrastrutture sociali, non solo non è stato potenziato per colmare le disuguaglianze inasprite dalla crisi finanziaria del 2008, ma è stato addirittura ridotto progressivamente, aggravando le divergenze e pregiudicando la crescita economica.
Oggi, sull’orlo di una recessione gravissima, sappiamo che quelle disuguaglianze sono destinate ad aumentare. Sarà colpito in modo violento chi svolge lavori precari e percepisce salari più bassi; in entrambi i casi la maggioranza di loro sono donne lavoratrici. Cosa significa, in concreto, la perdita del lavoro per milioni di donne in tutta Europa?
Significa aumento della povertà delle famiglie e della povertà infantile, già altissima nei paesi dell’Unione europea dove più di 123 milioni di persone sono a rischio povertà ed esclusione sociale e 25 milioni di bambini e ragazzi vivono sotto la soglia di povertà.
Abbiamo affrontato la crisi economica del 2008 avendo come unici punti di riferimento il Patto di stabilità e crescita, la sorveglianza finanziaria e il coordinamento delle politiche fiscali che ha sacrificato la spesa sociale. Il risultato lo conosciamo. La crescita economica è stata pregiudicata, gli Stati economicamente più vulnerabili hanno conosciuto fasi di stagnazione, si sono impoveriti.
Oggi la Commissione europea affronta le devastanti conseguenze della pandemia con un coraggio inedito stanziando 1.850 miliardi di euro per la ripresa economica, finanziandosi sui mercati finanziari per 750 miliardi di euro e allocandone 500 a fondo perduto per la spesa pubblica degli Stati membri.
È un’inversione di marcia rispetto al passato che mette tutti i governi d’Europa davanti ad una grande responsabilità: ricostruire e disegnare il futuro della prossima generazione su un modello socio-economico coeso e resiliente, attento alla protezione del lavoro e dei redditi che da esso derivano e volto al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale e allo sviluppo tecnologico e digitale ad essa connesso.
Per realizzare tutto questo è necessario un approccio pragmatico e nel contempo radicale, determinato a realizzare in tutta l’Unione una rete universale di servizi pubblici, sociali e di cura capaci di proteggere, includere, sostenere le persone e sradicare le disuguaglianze. È un cambio di rotta, urgente che deve essere realizzato adesso. Perché senza una forte spinta verso l’alto diretta alla convergenza sociale ed economica ogni sforzo sarà vano e il modello europeo di welfare e libertà fondamentali non sopravvivrà.
Le donne, in prima linea nella resistenza alla pandemia sono state le più esposte all’emergenza. Basta guardare ai settori critici per la sopravvivenza della società intera. Nelle corsie degli ospedali, alle casse dei supermercati, a casa nella cura, nell’accudimento della famiglia e come supplenti delle scuole chiuse.
Tanto è stato grande il nostro sforzo che lascia sgomenti il paradosso che vede le donne di fatto assenti dai tavoli decisionali, dalla valutazione dei programmi e dai fondi ricostruzione, da tutte le politiche pubbliche volte a sostenere l’economia e la tenuta sociale.
Di certo, questo non è il tempo storico in cui si può limitare a rivendicare e chiedere la presenza delle donne negli organismi decisionali.
È questo il tempo per le donne di costruire una grande mobilitazione europea che sostenga l’urgenza, non più rinviabile, di investimenti massicci nelle infrastrutture sociali e nel capitale umano.
Non è più il tempo degli annunci, dobbiamo indirizzare risorse economico-finanziarie verso un modello sociale che serva alle persone e non che si serva di esse. Tuttavia, a fronte di numerose opinioni, analisi, previsioni, appelli a favore di una maggiore partecipazione delle donne nei luoghi decisionali vediamo ancora poche e frammentarie soluzioni concrete.
È proprio il carattere frammentario di molte proposte che ci allarma, perché siamo convinte che il ruolo delle donne oggi non sia quello di proporre soluzioni per noi, ma soluzioni per tutte e tutti. È stato questo del resto il grande merito storico del femminismo: l’aver realizzato un modello sociale più giusto ed equo. Rifiutiamo la spettacolarizzazione e la provocazione del dibattito pubblico che premia con la visibilità proposte che non si tradurranno mai in soluzioni ma in ulteriori perdite di tempo. Un tempo che non possiamo più sprecare perché in gioco c’è la sopravvivenza di milioni di persone, il futuro dei nostri figli e il mondo che scegliamo di costruire.
Ormai da diversi anni, European Women Alliance, attraverso Weuco, il pre-summit al Consiglio Europeo, fondato nel 2018 a Bruxelles, è impegnata in un costante e stretto dialogo con le istituzioni dell’Unione europea, i leader e i partiti di tutta Europa per influenzare le politiche pubbliche con la visione delle donne, una visione basata sul progresso, l’inclusione e la giustizia sociale. La Commissione europea ha dimostrato con i fatti la volontà politica di voler cambiare passo proponendo di mettere a disposizione ingenti risorse per affrontare le conseguenze socio-economiche della crisi e per rilanciare la crescita economica associata a un’idea di sviluppo di una società più giusta e resiliente. La direzione è chiara, sostegno alla transizione ambientale e digitale, una nuova spinta al rafforzamento della protezione sociale e dei diritti sociali.
Ora la palla passa ai governi, alla loro capacità di decidere in modo collegiale e lungimirante, di svincolarsi dai ricatti elettorali e convergere verso la responsabilità comune di costruire una società coesa e resiliente.
Temiamo che se la risposta non sarà diretta a creare la necessaria convergenza economica e sociale tra i paesi europei, e all’interno di questi, la frammentazione, le divisioni e le divergenze aumenteranno mettendo a rischio la ragione del progetto europeo.
Per questo, il 17 giugno Ewa discuterà insieme alle donne e agli uomini che oggi guidano l’Unione europea le misure necessarie affinché la ricostruzione economica coincida con un cambio di paradigma del nostro modello socio-economico. Per questo chiediamo:
1. Un piano straordinario per l’occupazione femminile collegato a misure vincolanti per la trasparenza salariale volte a mettere fine alla disparità retributiva tra uomini e donne e all’introduzione di un salario minimo adeguato;
2. Investimenti massicci nelle infrastrutture sociali, volti a garantire servizi sociali e di cura universali e a rendere esigibili i diritti sanciti dal Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, quali il diritto all’istruzione, alla formazione e all’apprendimento permanente, condizioni di lavoro dignitose e durevoli che permettano a ciascuno di noi di poter progettare la propria vita, equilibrio tra vita professionale e vita privata, assistenza all’infanzia e ai minori, assistenza sanitaria di qualità, accesso ad alloggi sociali e all'assistenza abitativa, accesso universale ai servizi essenziali;
3. Riconoscimento economico del lavoro di cura attraverso retribuzione e riconoscimento dei contributi pensionistici;
4. Sancire la consultazione e partecipazione paritaria delle donne nei luoghi decisionali responsabili per la preparazione e presentazione dei i piani nazionali di ripresa e resilienza che verranno presentati alla Commissione europea per accedere ai prestiti e trasferimenti della Recovery and Resilience Facility;
5. Valutazione di impatto sulle donne ex ante ed ex post dei programmi e delle politiche pubbliche affinché ogni scelta sia una scelta consapevole degli effetti che essa produce sulla maggioranza della popolazione;
6. Valutazione dell’impatto redistributivo delle politiche pubbliche al fine di lottare contro le diseguaglianze e la povertà.
Non vogliamo tornare alla normalità che ci ha portato a questa crisi. Vogliamo creare un mondo diverso e migliore che ci permetta di evitare la prossima.
Alessia Centioni
Co-fondatrice e presidente di European Women Alliance
16 giugno 2020