Abbiamo tanto alle spalle che costituisce il nostro tesoretto da spendere per costruire qui ed ora un modello di sviluppo economico- sociale, in cui i nostri valori di genere siano i capisaldi di una rinascita a dimensione umana: “la coscienza del limite, il valore dei tempi di vita, la democrazia della cura, il valore delle relazioni umane, il prendersi cura delle persone come ingrediente della democrazia e della cittadinanza, il valore della convivenza tra culture diverse, come ha detto Livia Turco”.
La pandemia di Covid 19 ha avuto gravi conseguenze in tutte le aree della nostra vita. Di fronte alle attuali sfide, dobbiamo considerare l'aspetto molto importante dell'uguaglianza di genere che ora più che mai va perseguito con forza e tenacia.
Le donne sono state e sono ancora in prima linea, in tutti i settori più vitali della nostra società: negli ospedali, al supermercato, in cassa, come infermiere o badanti in case private o strutture di assistenza a lungo termine, assistenza agli anziani o alle persone con disabilità, come madri che si sono occupate insieme ai figli della nuova modalità di studio da remoto, dell'educazione dei bambini o delle esigenze della famiglia mentre lavorano da casa in smart working e dal 4 maggio ritornando al lavoro per chi ne aveva uno o restando ancora a casa ed inventandosi mille cose da poter fare, in modo intelligente, per avere risorse economiche o arrotondare l’esiguità della cassa integrazione o delle poche entrate che la crisi economica dopo il lockdown mette duramente in evidenza.
Mai come oggi, la leadership femminile ha ricoperto un ruolo di primo piano nelle istituzioni europee. Lagarde, alla BCE, von der Leyen, alla Commissione europea, Merkel presidente di turno nel semestre del Consiglio dell’Unione europea: tre donne alla guida della Ue.
L’Europa è “donna”, donne, neoliberali, conservatrici, forti e sole, che sanno perfettamente che dietro la loro ascesa ci sono milioni di donne in una situazione di precarietà, povertà e dipendenza economica e sentimentale degli uomini.
Queste donne ai vertici europei con un parlamento dove le forze di destra illiberali, neoautoriatarie e nemiche delle donne, non sono mai state così forti devono sfidare una crisi sanitaria ed economica a livello globale, che ha messo a nudo la fallacia del neoliberismo senza regole, della competizione sfrenata e dell’individualismo dominante. Hanno in mano le sorti del nostro continente e con esso della nostra civiltà umanistica e solidale. Non devono assolutamente dimenticare le donne.
Se una cosa ci raccontano le mobilitazioni globali di questi ultimi anni è che il femminismo non può essere individualista e competitivo, ma si basa sulla sorellanza tra donne. L’uguaglianza in un mondo pensato e organizzato dagli uomini non è sufficiente per le donne, nonostante qualcuna possa arrivare in posizioni di potere, per la maggior parte rimane un mondo di violenza e privazione. Oggi la rappresentanza femminile nelle istituzioni europee è aumentata in modo significativo, con una donna che guida per la prima volta una Commissione europea, più equilibrata in termini di genere, e più donne che mai elette al Parlamento europeo o nominate Capi di Stato e di governo.
Questi cambiamenti possono potenzialmente avere un impatto positivo e senza precedenti sulle politiche pubbliche con un'opportunità unica di rimodellare l'UE sulla base di un modello economico e sociale sostenibile, equo e resiliente.
Queste donne sanno che le priorità sono: rafforzare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, porre fine al divario retributivo e pensionistico, riconoscere il valore del lavoro assistenziale con una remunerazione adeguata, investire in servizi sociali e di assistenza, sostenere la parità di genere al fine di mantenere alle donne diritti e razionalizzare efficacemente le politiche pubbliche, cosicchè le misure in materia di parità di genere innervino a livello di UE e nazionale la costruzione di un nuovo modello economico sociale sostenibile.
Hanno una grande responsabilità ma noi dobbiamo e possiamo con la nostra presenza propositiva e con i nostri movimenti contribuire a dare forza e sostegno per invertire modelli e politiche che non ci comprendono o mal ci comprendono. Negli ultimi 10 anni, in Europa, la percentuale di donne inattive a causa di impegni di cura familiari ha raggiunto il 31%, con un peggioramento negli ultimi tempi a causa della Pandemia da Covid 19.
La sintesi della situazione attuale secondo Asvis ( Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) è questa: donne sottorappresentate nelle posizioni manageriali, pagate meno degli uomini a parità di mansione svolta (un 16% in meno in Europa) e penalizzate pesantemente anche dalla pandemia che, come successo in passato con altre emergenze sanitarie, come quella legata alla diffusione di Ebola, ha mostrato di ingigantire tutte le disparità esistenti, comprese quelle di genere.
Disparità ed effetti distorsivi che, secondo Clare Wenham, professore di politica sanitaria globale alla London School of Economics, possono durare anni.
Qualcuno dirà che non è il momento di ragionare su questo: ci sono problemi più urgenti, adesso. E invece no, di questo si deve discutere. A leggere alcuni titoli di articoli di giornale, il lavoro “da casa”, erroneamente etichettato come smart working, potrebbe agevolare le mamme. Come se l’associare la cura dei figli, della casa, degli anziani, degli animali e di tutto quello che nel mondo ha bisogno di essere “curato” debba essere (qualcuno dice per predisposizione naturale) accudito dalle donne. Mamme e non.
Come se si fosse fatto, dal punto di vista della narrazione della vita familiare, un salto indietro almeno fino agli anni Cinquanta.
Tanto che Hella Network, collettivo al femminile per rompere il soffitto di cristallo, ci ha realizzato una campagna, mirata alla sensibilizzazione sul tema, riprendendo proprio l’idea della casalinga che aspetta con il piumino in mano il rientro del marito lavoratore, al quale non mancherà un perfetto sorriso di bentornato e un pasto caldo. Una campagna femminista, dirà qualcuno cercando di sminuire il problema.
Eppure, secondo un articolo riportato da The Guardian, su dati analizzati dall’Observer, le mamme inglesi, per esempio, forniscono, in genere, almeno il 50% in più di assistenza all’infanzia e trascorrono dal 10% al 30% in più di tempo con i figli rispetto ai padri. Un’ora e mezza in più al giorno di impegno delle donne nella cura dei bambini e nell’aiuto per i compiti rispetto agli uomini.
Una disparità cresciuta con il lockdown da Coronavirus. Secondo la ricerca condotta da economisti delle università di Cambridge, Oxford e Zurigo tra il 9 e il 14 aprile, infatti, sia le madri occupate che quelle disoccupate impiegano in genere circa sei ore a fornire assistenza all’infanzia e istruzione domestica ogni giorno lavorativo.
Al contrario di un padre che a casa trascorre poco più di quattro ore nel fare la stessa attività.
Un divario di genere che la pandemia ha rafforzato e che è ancora maggiore nelle famiglie ad alto reddito, dove solitamente si preferisce lavori l’uomo, in quanto maggiormente retribuito. A riprova del maggiore impegno richiesto alle donne a casa, The Guardian evidenzia un calo del numero di articoli accademici scritti da ricercatrici (a fronte di un aumento di articoli scritti da uomini).
Non molto diversa la situazione in Spagna dove, secondo uno studio preliminare condotto dagli economisti Lídia Farré e Libertad González, nonostante sia cambiata la distribuzione dei compiti in casa, e ci sia una “maggiore volontà” da parte degli uomini di svolgere compiti che in genere prima non li riguardavano, le donne dedicano il 56% del loro tempo fuori dal lavoro alla famiglia contro il 30% del tempo dedicato dagli uomini.
La stessa ricerca mostra come, spesso, le donne tendano a facilitare gli orari di telelavoro del proprio partner mostrando loro una maggiore flessibilità. E in Italia?
Secondo uno studio realizzato dalla Fondazione consulenti del lavoro dal titolo “Mamme e lavoro al tempo dell’emergenza Covid-19”, sono circa 3 milioni le donne occupate, poco meno di un terzo del totale (9 milioni e 872 mila), con almeno un figlio di età inferiore ai 15 anni. E saranno proprio le mamme (o le donne in generale) bersaglio facile non solo della fase 0, ma anche della fase 2 fino alla fase 2+n.
Dallo studio emerge che in questi due mesi e mezzo di lockdown, le donne con figli hanno lavorato più dei papà, visto il loro impiego in servizi essenziali, dove la presenza femminile risulta più alta rispetto alla maschile.
Su 100 occupate con almeno un figlio con meno di 15 anni, 74 hanno lavorato ininterrottamente (contro 66 uomini nella stessa condizione), il 12,5% ha ripreso il lavoro dallo scorso 4 maggio, mentre il 13,5% dovrebbe ritornare alla propria attività entro la fine del mese.
La stessa ricerca, guardando allo smart working come opportunità, evidenzia come le lavoratrici meno qualificate non potranno lavorare “da remoto” e dovranno tornare in sede oltre che accudire i figli: sono 1 milione 426 mila (il 48,9% delle lavoratrici mamme), di queste circa 710 mila percepiscono uno stipendio netto inferiore ai 1.000 euro.
Anche in questo caso, parlando di smart working si dà quasi per scontato che la conciliazione vita-lavoro sia un problema delle mamme. Solo delle mamme e non dei papà. Del resto, questa considerazione è figlia di un dato: il 27% delle donne lascia il lavoro dopo la nascita del primo figlio. Come a dire che la cura dei figli è solo delle mamme?
Volendo parlare di diritti delle donne come diritti umani, e di diritto a un lavoro dignitoso, il pensiero va ai tanti movimenti che invitavano a “guardare il mondo con occhi di donna”. Cosa alquanto complessa da fare se, per esempio come è avvenuto in Italia, si istituiscono task force per far fronte all’emergenza e alla ricostruzione post emergenza, costituite quasi esclusivamente da uomini. Tanto da dover correre ai ripari, aggiungendo qualche quota rosa, a seguito del movimento spontaneo di protesta #datecivoce che ha usato i social network per sollevare il “piccolo, ma grande problema della presenza delle donne”.
Dopo la battaglia di “dateci voce” nella task force di Colao, hanno debuttato Enrica Amaturo, professoressa di sociologia all’Università degli Studi di Napoli Federico II; Marina Calloni, professoressa di Filosofia politica e sociale dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca e fondatrice di “ADV – Against Domestic Violence”, il primo centro universitario in Italia dedicato al contrasto alla violenza domestica; Linda Laura Sabbadini, direttrice centrale dell’Istat; Donatella Bianchi, presidente del Wwf Italia; Maurizia Iachino, dirigente d’ azienda.
Le sei donne di scienza nel Cts
Nel Comitato tecnico-scientifico, invece, sono state inserite Kyriakoula Petropulocos, direttrice generale Cura della persona e welfare della Regione Emilia Romagna; Giovannella Baggio, già ordinario di Medicina interna e titolare della prima cattedra di Medicina di genere in Italia, attualmente presidente del Centro studi nazionale di salute e medicina di genere; Nausica Orlandi, presidente della Federazione Nazionale degli ordini dei chimici e dei fisici ed esperta di sicurezza sul lavoro.
Elisabetta Dejana, biologa a capo del programma di angiogenesi dell’istituto di Oncologia molecolare di Milano e capo dell’unità di Biologia vascolare nel Dipartimento di immunologia dell’Università di Upsala, in Svezia; Rosa Marina Melillo, professoressa di Patologia generale presso l’Università Federico II di Napoli; Flavia Petrini, professoressa di Anestesiologia presso l’Università degli studi G.D’Annunzio di Chieti-Pescara e direttrice dell’Unità operativa complessa di anestesia, rianimazione e terapia intensiva dell’Ospedale Santissima Annunziata di Chieti.
«Una società più inclusiva e equa» in cui dovrebbero essere inseriti cittadini e famiglie.
È uno dei sei obiettivi raccontati dal piano per la fase 3 della task force Colao.
È quello che, insieme a istruzione, ricerca e competenze, più da vicino tocca i problemi storici di donne e famiglie in Italia.
Se il settore dell’istruzione deve essere la chiave per lo sviluppo, secondo il gruppo di esperti, imprese e lavoro devono essere motore dell’economia, con infrastrutture e ambiente a fare da volano del rilancio, con una pubblica amministrazione alleata dei cittadini, in un paese che fa del turismo, dell’arte e della cultura il proprio brand.
Obiettivi nobili e condivisibili, ma già noti e tutti da mettere in pratica.
Nel piano Colao sono declinati in 102 «iniziative per il rilancio – Italia 2020-2022».
La parità di genere e l’inclusione sono fra gli obiettivi trasversali in cima al testo. Come farla? Adottando la valutazione dell’impatto di genere per «ogni iniziativa legislativa, regolamentare e politica».
CONGEDI PARENTALI
I congedi parentali vanno indennizzati almeno al 60%, «individuando forme di supporto pubblico, per incentivarne l’utilizzo specie da parte maschile ed estendere i congedi di paternità a 15 giorni». Questo servirebbe, per la task force, a sostenere l’occupazione femminile. Già ora i giorni di paternità vengono utilizzati in maniera limitata, per alcuni esperti dovrebbero essere obbligatori.
NIDI
Sempre per sostenere l’occupazione femminile c’è la richiesta di un aumento dei servizi per i bambini fino a tre anni. La task force propone un piano nazionale per l’apertura di nidi arrivando, in 3 anni, a estendere l’offerta raggiungendo «il 60% dei bambini ed eliminando le differenze territoriali tra Centro, Nord e Mezzogiorno». La disponibilità di nidi attualmente è al 25% su base nazionale, ma con limiti al Sud di appena il 10%. Il progetto propone anche un’organizzazione dei servizi «con orari flessibili e aperture anche nei giorni festivi in modo da garantirne la dovuta flessibilità nell’utilizzo».
ASSEGNI PER I FIGLI
Sulla base di un modello simile a quello francese, il piano propone di «razionalizzare il sistema dei trasferimenti monetari alle famiglie in direzione di misure che accompagnino la crescita dei bambini fino alla maggiore età, attraverso l’introduzione di un assegno unico variabile in base al reddito familiare che assorba le detrazioni fiscali per i figli a carico, l’assegno al nucleo familiare, il bonus bebè, l’assegno al terzo figlio». No dunque a iniziative che variano per anni e settori, ma una certezza di contributo per programmare la gestione familiare.
VITTIME DI VIOLENZA
Per le donne vittime di violenza si prospetta un contributo di libertà, un reddito simile a quello di emergenza che «garantisca loro un supporto iniziale, da destinare a spese di sussistenza, alloggio, mobilio, salute, educazione e socializzazione dei figli, corsi professionali, vita autonoma». Per inserirle nel mondo del lavoro l’ipotesi è quella di una Rete di Imprese contro la Violenza, ad adesione volontaria.
DIVARIO DIGITALE
La scuola non è fra i temi trattati dalla task force, ma c’è fra i suggerimenti la proposta di colmare il gap digitale visto che l’Italia al 26esimo posto in Europa su 28 Paesi per le competenze digitali della popolazione. Solo il 20% degli insegnanti ha fatto corsi formativi in materia di alfabetizzazione digitale e il 24% delle scuole manca di corsi di programmazione. La proposta è di un programma nazionale di «aggiornamento educatori» per 20 sabati all’anno in collaborazione con grandi aziende high-tech, enti di ricerca e università.
Bisogna creare un fondo per «il diritto alle competenze» per contrastare «il calo atteso delle immatricolazioni» sostenendo le famiglie a medio-basso reddito e incentivando le «lauree professionalizzanti» e gli Its, istituti tecnici superiori. Lanciare una piattaforma digitale di «education-to-employment», aperta a tutti, con corsi di formazione sviluppati dalle aziende per trovare le professionalità necessarie.
WELFARE DI PROSSIMITÀ
Nei comuni più grandi dovrebbero essere creati dei presidi multiservizi con la diffusione del supporto psicologico alle famiglie, oltre che del servizio sanitario di base. Da rafforzare e incentivare sono volontariato e organizzazioni di cittadinanza attiva.
TASSE E IMPRESE
In tema di tasse la proposta è di rinviare il pagamento dell’imposte sui redditi di giugno-luglio. Viene chiesto anche di rendere più agevole la compensazione dei debiti con i crediti fiscali, anche con i crediti esigibili verso la Pubblica amministrazione. Come chiesto dalle aziende c’è la proposta di escludere il contagio da Covid-19 dalla responsabilità penale del datore di lavoro per le imprese non sanitarie e neutralizzare fiscalmente il costo di interventi organizzativi per l’adozione dei protocolli di sicurezza.
Lo smart working deve essere agevolato e deve essere permesso il rinnovo dei contratti a tempo determinato in scadenza almeno per tutto il 2020. Va incentivato il rientro in Italia di aziende strategiche. Con sanatorie e sanzioni va fatto emergere il lavoro nero. Dovrebbe essere fatta con una dichiarazione volontaria la regolarizzazione del contante derivante da redditi non dichiarati con il pagamento di un’imposta sostitutiva e l’obbligo di investimento di una parte dell’ammontare (40-60%) per 5 anni in strumenti di supporto del Paese.
Giovedì 11 giugno 2020, il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge proposto dalla Ministra per le pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, e dalla Ministra del lavoro e delle politiche sociali, Nunzia Catalfo, recante "Deleghe al governo per l’adozione dell’assegno universale e l’introduzione di misure a sostegno della famiglia" (detto anche Family Act): un disegno organico di misure pensate per le famiglie con figli.
Il testo delinea la cornice normativa e le scadenze temporali entro le quali il Governo sarà chiamato ad approvare i decreti legislativi di attuazione della delega, con l’obiettivo di sostenere la genitorialità e la funzione sociale ed educativa delle famiglie, contrastare la denatalità, valorizzare la crescita armoniosa delle bambine, dei bambini e dei giovani e favorire la conciliazione della vita familiare con il lavoro, in particolare quello femminile.
Il disegno di legge impegna il Governo a:
1. istituire un assegno universale mensile per ogni figlio a carico fino all'età adulta, senza limiti di età per i figli con disabilità;
2. rafforzare delle politiche di sostegno alle famiglie per le spese educative e scolastiche, e per le attività sportive e culturali;
3. riformare i congedi parentali, con l’estensione a tutte le categorie professionali e congedi di paternità obbligatori e strutturali;
4. introdurre incentivi al lavoro femminile, dalle detrazioni per i servizi di cura alla promozione del lavoro flessibile;
5. assicurare il protagonismo dei giovani under 35, promuovendo la loro autonomia finanziaria con un sostegno per le spese universitarie e per l’affitto della prima casa.
Nell'esercizio delle deleghe previste, il Governo dovrà attenersi ai seguenti principi e criteri direttivi:
- assicurare l’applicazione universale di benefici economici ai nuclei familiari con figli, secondo criteri di progressività basati sull'applicazione di indicatori della situazione economica equivalente (Isee), tenendo anche conto del numero dei figli a carico;
- promuovere la parità di genere all'interno dei nuclei familiari, favorendo l’occupazione femminile, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno, anche attraverso la predisposizione di modelli di lavoro volti ad armonizzare i tempi familiari di lavoro e incentivare il lavoro del secondo percettore di reddito;
- affermare il valore sociale di attività educative e di apprendimento, anche non formale, dei figli, attraverso il riconoscimento di agevolazioni fiscali, esenzioni, deduzioni dall'imponibile o detrazioni dall'imposta sul reddito delle spese sostenute dalle famiglie o attraverso la messa a disposizione di un credito o di un contributo economico vincolato allo scopo;
- prevedere l’introduzione di misure organizzative, di comunicazione e semplificazione che favoriscano l’accesso delle famiglie ai servizi offerti e la individuazione degli stessi.
Le principali scadenze temporali previste per l’adozione dei singoli provvedimenti attuativi sono:
- entro 12 mesi dall'entrata in vigore della legge di delega, un decreto legislativo istitutivo dell’assegno universale recante il riordino e la semplificazione delle misure di sostegno economico per i figli a carico, nonché uno o più decreti legislativi per l’istituzione e il riordino delle misure di sostegno all'educazione dei figli;
- entro 24 mesi dall'entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi di potenziamento, riordino, armonizzazione e rafforzamento della disciplina inerente i congedi parentali e di paternità, gli incentivi al lavoro femminile, le misure di sostegno alle famiglie per la formazione dei figli e per il conseguimento dell’autonomia finanziaria.
Oggi a pochi anni dal termine indicato dal Consiglio Europeo, l'Italia ha un tasso di occupazione delle donne tra i 15 e i 64 anni del 46,3% (dato Eurostat 2006), molto inferiore alla media dell'Europa a 27 che si attesta al 57,1%, più basso anche di quello di Spagna e Grecia e lontanissimo dal 67,3% della Finlandia e dal 70,7% della Svezia. Solo il tasso di occupazione femminile di Malta (33,6) è inferiore a quello italiano.
L’Italia deve quindi colmare un gap molto ampio e presenta anche altre differenze rispetto agli altri paesi, come riportano le numerose ricerche svolte in questi anni: le donne italiane lavorano meno fuori casa, ma dormono anche meno e dedicano meno tempo al riposo, agli hobby, a se stesse: in pratica hanno un’ora di tempo libero in meno rispetto agli uomini (4h08’ contro 5h08’) e questo pone le donne italiane al penultimo posto in Europa, precedute solo dalle lituane (3h49’).
Mentre in Norvegia la differenza di tempo libero tra donne e uomini è di soli 12 minuti e la differenza di un’ora e più si presenta in Italia già a partire dall’infanzia ed aumenta sempre più con l’avanzare dell’età: dopo i 65 anni le donne dispongono di 5h04 contro 6h26 degli uomini se si confronta il tempo che le donne e gli uomini dedicano al lavoro di cura si nota che in Italia le donne prendono in carico oltre i tre quarti del tempo complessivamente dedicato dalla coppia al lavoro familiare (78,3% e dedicano al lavoro di cura quattro volte più tempo degli uomini (5h09’ F contro 1h26’
Ma il tasso di natalità italiano è tra i più bassi del mondo, uomini e donne tendono a rimanere single più a lungo le donne che progrediscono nella carriera e riescono a sfondare il “tetto di cristallo” si concentrano esclusivamente sul lavoro e dedicano ad esso tutto il tempo disponibile, adottando comportamenti maschili nell’uso del tempo. Le donne raggiungono livelli di istruzione più alti rispetto ai coetanei maschi e, a parità di livello, ottengono risultati migliori cimentandosi con successo in materie scientifiche e tecnologiche dove sino a qualche anno fa il dominio degli uomini era del tutto incontrastato. Abbiamo dunque un grande lavoro da fare in primis con le don ne delle nostre istituzioni e con quelle delle istituzioni europee, con tutte le donne delle diverse associazioni, organizzazioni sociali e dei movimenti, portando tutte le nostre esperienze e le nostre culture.
Abbiamo tanto alle spalle che costituisce il nostro tesoretto da spendere per costruire qui ed ora un modello di sviluppo economico- sociale, in cui i nostri valori di genere siano i capisaldi di una rinascita a dimensione umana: “la coscienza del limite, il valore dei tempi di vita, la democrazia della cura, il valore delle relazioni umane, il prendersi cura delle persone come ingrediente della democrazia e della cittadinanza, il valore della convivenza tra culture diverse, come ha detto Livia Turco”.
Occorre essere l’onda d’urto che sfida la costruzione del futuro qui ed ora.
Grazia Labate
Ricercatrice in economia sanitaria già sottosegretaria alla sanità
01 luglio 2020