Nicla Vassallo a trecentossenta gradi, o quasi, di Nicla Vassallo

Accademica e filosofa di fama, Nicla Vassalloniclavassallo.net, Professore Ordinario di Filosofa Teoretica, Docente di Dottorato di Ricerca, Ricercatore Associato Isem/Cnr, ove si occupa di gender studies.

Ecco un suo ritratto allo "specchio".


 

Accetta di essere intervistata?
Vorrei che a farlo fosse stato Attilio/Attila (Giordano, n.d.r.), ma ai tempi scrivevo per il suo Venerdì, e vorrei che fosse a farlo il mio amico Antonio (Gnoli, n.d.r.), ma sospetto che sulla carta non accadrà. Vi è solo una sua video-intervista, e altri bei video in cui chiacchieriamo assieme.

Posso?
D’accordo. Le premetto, però, che ho poco tempo: sto studiando e scrivendo, non mi giro mai le mani. E, poi, il tempo libero lo dedico alle mie passioni.

Lei evidenza da sempre il suo debito nei confronti del King’s College di London.
La mia vita sarebbe un’altra, senz’altro più pallida, se non mi fossi recata a Londra.

In che senso?
Ho incontrato, studiato, lavorato con Chris Hughes (tuttora al King’s), David Papineau (King’s e New York) Mark Sainsbury (ora ad Austin), Anthony Savile (ora emerito anche al Birkbeck) Scott Sturgeon (ora Birmingham).

E allora?
Il King’s: dodici Premi Nobel tra alunni e accademici, Rosalind Franklin, Susan Stebbing. Il Birkbeck: Jennifer Hornsby. E, pensare che a Genova, mi incoraggiavano: “Ma cosa ci vai a fare a Londra, che non c’è più Popper?”.

Ma lei si trova oggi sotto la Lanterna.
Non avevo ancora trent’anni, la mia realtà era londinese. Il mio futuro solidamente proiettato oltremanica: radical chic? Comunque, avanguardia, innovazione, onestà, rispetto, affetto. Cultura, filosofia, i Vic, Virginia Woolf, gli impianti sportivi dell’università, il jogging a Regent’s Park, Elisabeth I, Queen Victoria, Elisabeth II, David Bowie, Friedrich Engels, Charing Cross Road, Wimbledon e Martina Navrátilová, lo Royal Yacht Squadron. a Cowes, and so on.

Che è accaduto?
Parlo al presente. In qualche senso, è come se fossi oggi. Ricevo una telefonata. Mi viene detto che mia madre è morta. Cinquantadue anni. In un attimo. Il mondo alla rovescia.

Genova?
C’è il mare? Cristoforo Colombo? Per carità.

Fugge verso il mare?
A partire dai diciott’anni, in barca a vela, in Sardegna. Isola che ora giudico, per lo più, impraticabile. Ma ho ottimi amici che mi ospitano spesso in uno stazzu in Gallura, isolato. A nove chilometri dal mare. Il mare lo raggiungo in scooter, all’alba o al tramonto. Vivo anche tra amati cinghiali.

Allora non somiglia affatto a Immanuel Kant.
Per carità. Mi è difficile immaginare all’integerrima staticità di Königsberg. Non crede che il nazismo non avrebbe potuto nascere se non in Germania? Per carità, Kant c’entra poco. Che dire, invece, del super-uomo, dei super-uomini, e successori?

Mai stata in Germania?
Solo una volta, per poche ore, a Monaco. Per il mio gatto, femmina of course. Monaco mi ha spaventata. Il Bürgerbräu-Putsch. Il Principato di Monaco mi si addice ben di più.

Viaggia?
In epoca pre-Covid, viaggiavo non appena possibile. Soprattutto Europa. I capricci americani me lo sono tolti da giovanissima, lasciando il cuore a San Francisco. Ma ora? Ho lasciato anche il cuore in Turchia, più di recente. Ma ora? Escludo di recarmi in paesi ove vigono dittature. Non capisco chi vi si reca per turismo, figuriamoci per lavoro. A ventidue anni sono stata in Nuova Zelanda. Vi tornerò.

Non è parecchio lontana?
Dall’Italia, senza dubbio, geograficamente e politicamente. Le tante ore di volo valgono però la pena. L’attuale primo ministro è la labour Jacinda Ardern, e il suo parlamento è tra i più inclusivi e “diversi” al mondo: un elevato numero di donne, persone “indigene”, persone omosessuali, verdi.

Mai pensato di andare a lavorare laggiù?
Sì, sono stata in contatto con Alan Musgrave, Ottago.

Democratica, labourista, di sinistra. Laica?
Democratica, labourista, di sinistra, all’antica. Agnostica. Anche laica, come la maggior parte, tuttavia. Scusi, ma lei conosce il significato del termine laico?

Mi racconti.
Quando stavo scrivendo, Per sentito dire (Feltrinelli 2011, n.d.r), ho avuto la fortuna di lavorare per un’editor indimenticabile, Grazia Cassarà. Sarei stupida se volessi descriverla con qualche parola. Un periodo meraviglioso, a dispetto di Milano. Di prese di coscienza, divertimenti, pranzi in ottimi ristoranti, sguardi antropologici su una città in decadenza. Le preferisco Roma.

Allora in Feltrinelli?
In via Andegari, antico palazzo di famiglia, Inge Feltrinelli, con cui avevo cenato qualche anno prima. Sulla stesura del volume, nutrivo parecchi dubbi. Argomentazioni, obiezioni, risposte. E i termini. Avrei dovuto spiegarne il loro significato? Grazia: “Perché? Non esiste la rete?”. Intelligente e sagace. Donna da sposare. Peccato che avesse un meraviglioso marito.

Dunque?
Per chi non conosce il significato dei vocaboli, c’è la rete. Invece, quanto a me, ricorro allo Zingarelli che mi ha regalato mia madre, forse in prima media.

La lezione di Grazia Cassarà?
Ha qualche giorno, di tempo? Ad ogni modo, innanzitutto, esporsi contro la dilagante ignoranza, nonché contro i dilaganti ignoranti.

Perché non si sbottona di più?
In rete, purtroppo, si trova già abbastanza.

Già, la ho trovata su Instagram.
Alla fine, ho ceduto ai “social”, che poco hanno di realmente sociale. Solo a Instagram, però, per studentesse e studenti. Ragionano per immagini. Non intendo affatto sedurli, anzi.

Ancora, una domanda, ok?
D’accordo

Lei è stata amica molti intellettuali e scienziati di valore, da Carlo Bernardini, a Remo Bodei, a Eva Picardi, a Stefano Rodotà, con cui ha condiviso idee contro, a favore di impegni umani e civili, sul disarmo nucleare, sui diritti di gay e lesbiche; con l’attrice e scrittrice Carla Signoris ha girato di recente un video contro la violenza sulle donne. Chi le avrebbe fatto piacere conoscere, e non ha conosciuto?
Margherita Hack. Devo averla invitata al Festival della Scienza. Poi ricordo solo di averla sentita al telefono. Si scusava di essere ammalata. Margherita, un fisico, in ogni senso del termine. Prima di lei, Henrietta Swan Leavitt.

Oltre all’astrofisica per eccellenza, chi altro?
Altra! Nilde Iotti. Avevo sedici anni. Momenti drammatici. Aldo Moro. Alla tv, preferivo i libri. Avrei letto volentieri Il capitale di Karl Marx, ma non mi era concesso. Marx, un egregio filosofo, non un politicante. Di nascosto dai miei, e con i miei risparmi, nel 1979, ho acquistato, e poi letto, I comunisti e le elezioni europee, di Giorgio Amendola. L’antifascismo è nelle mie vene, a causa di mio nonno Nicola, nonché dei partigiani liguri che ho conosciuto. E leggevo una marea di quotidiani, da quelli di estrema sinistra a quelli di estrema destra. La libertà di stampa in Italia era e riamane sotto le scarpe.

Nilde Iotti?
Presidenza della Camera dei deputati, per tredici anni, e tre legislature, dal 1979 al 1992. Una donna, senza eguali in politica. Al confronto, Kamala Harris si può permettere ben poco. In ogni caso, felice di Harris, con lei si apre il post-dramma-Trump.

Dice ciò, in quanto è membro del Consiglio Scientifico della Fondazione Iotti?
Non scherziamo. Credo nell’etica della convinzione, disprezzo l’etica della convenienza, e coloro che ne sono dipendenti.

Un’ultima domanda, davvero: i suoi progetti in corso e futuri?
Si può investire sul futuro, non conoscere il futuro: non dimentichi che sono una filosofa analitica. Previsioni? Le lascio all’astrologia. Ad ogni modo, le assicuro e assicuro il mio impegno filosofico a trecentosessanta gradi, focalizzato su conoscenza e donne. E sui giovani. Lo metta tra virgolette, per favore.

Sui “giovani”?
Ragazze e ragazze sui diciott’anni, età in cui s’inizia a votare, in cui si è adulti. Ben poche e pochi, dopo di loro. Sono nata il 6 novembre del 1963, prima della crisi dei missili di Cuba, di “Love me do” dei Beatles, della morte (quale?) di Marilyn Monroe, di 007. John Kennedy è stato ucciso (da chi?) il 22 novembre del ’63 per l’appunto. Dopo? Mao, le guardie rosse, la rivoluzione culturale. Rivoluzione? Culturale? Un’amica cinese, conosciuta nella hall del King’s, superbo ingegnere, è riuscita a fuggire. Dopo? Crisi, in positivo e negativo. Sulla propria pelle. Comunque, sulla mia, da bambina e adoloscente in avanti.

E allora quali giovani?
Ragazze e ragazzi che non siano figlie/i di mamma e papà, né figlie/i del sessantotto, sesso libero che ha legalizzato l’andazzo della borghesia, né figlie/i dell’epoca berlusconiana, dei soldi, dei tradimenti, dei magistrati. Ragazze e ragazzi che aspirino alla conoscenza, che sappiano, per esempio, chi è Gherardo Colombo, per inciso un amico.

Non pretende troppo?
Penso a giovani capaci, educati, onesti acculturati, internazionali, curiosi, capaci. Di rivoluzioni. Giovani che non nutrono alcun disprezzo per gli stipendi degli insegnanti. Giovani che non mi vengano a dire, con orgoglio, che, senza studiare, hanno superato un qualche esame universitario, o che fanno l’università, perché si deve, ma che i voti bassi non contano, o che s’iscrivono a qualche università privata, perché fa “figo”, o che, invece, di studiare, si diano a qualche sport per i soldi.

Vive con orgoglio?
Pride and Prejudice.

Straight?
Pride. Un vivo consiglio di lettura: “Straigth Mind” di Monique Wittig. E, ora, mi scusi, debbo tornare al lavoro, sono sveglia dalle cinque di mattina, e, a seguire jogging, sebbene, purtroppo, non a Regent’s Park. Grazie, davvero.

Grazie a lei, Prof, e alla prossima.

(Nicla Vassallo)

 

20 gennaio 2021