Cara Tina Anselmi,
consentimi di rivolgerti gli auguri per i tuoi 85 anni. Lo faccio con il ricordo personale che ho di te. Quando ti incontrai la prima volta alla Camera. Ero giovane insieme a tante altre, giovani e colorate. Eravamo arrivate sulla base di una battaglia e di un progetto “Dalle donne la forza delle donne”. Tu e Maria Eletta Martini eravate molto curiose di quella frotta di giovani donne comuniste colorate, che aveva lasciato esterrefatto anche il Presidente Andreotti, il quale entrando in Parlamento rivolse lo sguardo verso sinistra ed esclamò “quanto è colorata questa parte”.
Ricordo il tuo sguardo luminoso che andava dritto agli occhi per scrutarti, capire chi sei e parlarti schiettamente.
Ricordo il tuo sorriso, la tua pacatezza e semplicità che rivelava capacità di ascolto e profondità del pensiero. Tu che allora eri già stata il primo Ministro del Lavoro e poi Ministro della Sanità.
In quella legislatura, difficile, che sancì la fine della Prima Repubblica, dal 1987 al 1992, che per te è stata anche l’ultima, ti ricordo seduta sul tuo scranno sempre attenta e riflessiva. Ti sarò sempre grata di essere stata una dei pochi parlamentari della Commissione Lavoro che venne a seguire in Commissione l’illustrazione della proposta di legge d’iniziativa popolare “Le donne cambiano i tempi” che aveva raccolto 300 mila firme nel Paese e che parlava di conciliare il tempo di vita con il tempo delle famiglie, del congedo dei padri, della riorganizzazione dei tempi della città. Ricordo le tue parole di apprezzamento e sostegno in quella commissione particolarmente vuota (era solo la discussione generale, al sola cosa che fu concessa a quel disegno di legge. Dovemmo attendere i governi dell’Ulivo e l’8 marzo 2000 per avere l’attuale legge 53) e di fronte al mio sconforto di una commissione quasi deserta mi dicesti che quella legge era molto più avanti dei tempi che vivevamo e della mentalità maschile e che il bello delle leggi che riguardano le donne è che devono sempre essere sudate. Tu conoscevi l’esperienza delle lavoratrici e ricordavi spesso le mani “lessate” delle filandiere, mani doloranti dopo che erano state tutto il giorno nella bacinelle di acqua bollente per lavorare i bozzoli.
Ricordo gli incontri con il Movimento delle donne DC, l’ultimo a Stresa dove ero venuta alla vostra festa, con il pancione incinta di Enrico e voi mi accoglieste con molto calore.
Mi piaceva, io che ero comunista e femminista, quel rapporto di amicizia con le donne democristiane che consideravo magari un po’ all’antica ma tutte d’un pezzo, molto brave ed autorevoli.
Tu, Maria Eletta Martini, Rosa Russo Joervolino, Paola Colombo Svevo, Paola Gaiotti, Silvia Costa, Albertina Soliani (la nostra amica Rosy Bindi l’avrei conosciuta negli anni successivi).
Ti ricordo negli ultimi anni, quando non eri più parlamentare e venivi a Montecitorio.
A campeggiare sul tuo volto erano sempre il sorriso largo che fissava negli occhi, le tue domande “come va?, cosa capita in Italia, cosa succede nel tuo territorio?” e poi le tue parole di incoraggiamento.
Ti scrivo per farti gli auguri non solo per affetto e gratitudine profonda ma per una questione che attiene a questo nostro tempo così difficile.
Tu, Nilde Iotti, Maria Eletta Martini, Giglia Tedesco, Lina Merlin, Adele Faccio, le costituenti, siete stare e siete le Madri della nostra Repubblica. Avete costruito questa nostra Repubblica e la sua Costituzione. Insieme ai movimenti delle donne avete contribuito a realizzare i valori della Costituzione. Noi donne abbiamo cambiato in profondità questo nostro Paese.
Tu Tina, insieme a Nilde, a Giglia (a proposito, che bello il ricordo nel tuo libro di quando affermi ˝Credo che oggi le Giglia Tedesco siano poche. Per onore del vero devo aggiungere che il corrispettivo maschile di Giglia ai miei tempi, era raro. L’ultima volta che l’ho incontrata, stava scendendo dall’autobus. Abbiamo parlato con un tale piacere! Anche se per poco, perché andava a una riunione del partito in periferia. E a Roma c’è sempre molto trafficȍ) eravate donne che hanno vissuto la politica come grande forza interiore, come passione e dedizione per gli altri, come qualcosa che si doveva testimoniare anzitutto con l’esempio personale oltreché con la forza del pensiero.
La grande eredità che ci lasciate non sono solo le conquiste legislative ma l’idea di politica e di democrazia.
Ci lasciate in eredità il profumo della “eleganza della politica”.
Vale a dire la forza interiore che deriva dall’autonomia del pensiero, la forza interiore di chi trova il senso e la misura del proprio agire politico ed anche della propria vita nella dedizione agli altri, nella costruzione del bene comune.
Qui c’è il tesoro di una eredità che dobbiamo riscoprire e dobbiamo farlo con i nostri giovani per rigenerare i nostri cuori e rendere acuta la mente. La sobrietà, la competenza, la dedizione, l’onesta sono virtù eterne, sempre moderne. Senza di loro non c’è la politica.
Nel salutarti e formularti gli auguri di buon compleanno consentimi di citare un tuo passo, dal libro (Storia di una passione politica) ̏Sì, sono stata una ragazza fortunata, noi giovani del dopoguerra siamo stati fortunati perché non ci è mancato l’insegnamento, anche da parte dei nostri capi politici, che per noi sono stati dei maestri; da loro abbiamo imparato, innanzitutto, che la democrazia non è tale se non ha profonde radici etiche. E questa lezione è una lezione che non si cancella.
Jacques Maritain ha scritto una cosa molto bella: non si può costruire una democrazia se non c’è amicizia. Allora eravamo anche amici, quando pur avversari˝.
Livia Turco
Presidente della Fondazione Nilde Iotti
28 marzo 2012